Quando sento in televisione o per strada la frase “tornare alla normalità”, sorrido con tristezza.

Come possiamo pensare di tornare alla “normalità”, che tradotto vuol dire “a come si stava prima”?

Il così detto “normale” o “come si stava prima” non esiste più da tempo, grazie a ben tre rivoluzioni che sono scoppiate in quest’ultimi decenni.

La prima rivoluzione è stata “internet” ed i suoi derivati, che ha stravolto il mondo del lavoro e delle relazioni sociali; la seconda è stata quella ambientale, dove ha cancellato persino le tradizionali “4 stagioni”.

Infine, la terza… la Pandemia che ha evidenziato le nostre fragilità come Comunità e schiaffeggiato i sistemi sanitari, troppo incentrati sui profitti nel privato e sull’idea che il pubblico sia nel DNA “deficitario”.

Se poi a queste tre rivoluzioni associ il neoliberismo, il quale non si limita più a controllare la politica ma le detta l’agenda, mi sembra poco probabile il ritorno alla “normalità”, intesa come situazione socio-economica pregressa e di pseudo benessere.

Piuttosto, dobbiamo parlare di “tornare al futuro”!

Quel futuro che sia diverso dalla “Normalità passata”, dove al centro troneggi l’essere umano con le sue fragilità e le sue infinite risorse, legittimo abitante di una Comunità inclusiva la cui bussola non sia il consumismo sfrenato, l’impoverimento del Pianeta e le disuguaglianze tra individui.

Non cerchiamo un passato che non tornerà mai più, tentiamo di cavalcare e di domare un presente difficile per percorre nuovi sentieri.   

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