Mi sono spesso pronunciato in favore dei “Negozi di vicinanza o prossimità o di Quartiere”, perché ritengo che siano un presidio importante per le nostre Comunità dove, oltre ad essere fonte di “posti di lavoro” e di una economia che alimenta gli altri settori cittadini, aiutano nella socializzazione tra i Cittadini.

Per questo, vi segnalo un interessante intervento di Carlo Petrini su “la Repubblica” di oggi:

Aiutiamo
i nostri territori

Ripartenza, finanziamenti, Pnrr sono parole
che riempiono da mesi la cronaca. Spesso
però le soluzioni proposte paiono tamponare i
problemi, anziché dare il segno di una reale
svolta. Per fortuna non è sempre così: la Regione
Lazio, ad esempio, si è fatta promotrice di
un’interessante iniziativa sotto più punti di vista
battezzata Bonus Lazio Km 0. Si tratta di un
contributo a fondo perduto a beneficio
dell’anello finale della filiera agroalimentare: la
distribuzione in tutte le sue accezioni (dalla
ristorazione alla vendita al dettaglio); cercando
di innescare una connessione virtuosa con
l’inizio della stessa, ossia la produzione.
L’obiettivo è favorire l’acquisto e il consumo di
prodotti tipici del territorio, elevandoli da beni
di prima necessità volti a soddisfare un bisogno
fisiologico (nutrirsi) a presìdi di biodiversità e
tradizioni delle comunità, nonché promotori
dell’economia locale.
È dai territori e dalle loro peculiarità che
dovremmo infatti ripartire per un futuro che
porti con sé un minimo di prospettiva. Mentre il
rischio è che nell’uscire dalla situazione
pandemica, e dalla crisi socioeconomica che ne
è diretta conseguenza, assistiamo impotenti a
un degrado dell’economia di prossimità;
rimpiazzata dall’espandersi senza tregua delle
vendite online. Mi chiedo per quale motivo le
associazioni dei commercianti non denunciano
quanto sta accadendo. Perché non rivendicano i
benefici in termini di tassazione garantiti ai
colossi del digitale, in virtù delle loro sedi
dislocate dove fa più comodo dal punto di vista
fiscale. Siamo in presenza di operazioni di
greenwashing mai viste prima. Dalla
multinazionale che pratica una sostenibilità di
facciata a quella che si veste da socialmente
responsabile diventando paladina del diritto al
lavoro. Queste sono forme di appropriazione di
valori che da sempre sono emblema
dell’economia locale ma che, a causa del
galoppare della globalizzazione, per molti anni
sono stati messi a tacere perché ritenuti
superflui. Allora perché rimaniamo silenti di
fronte a questa situazione drammatica —
facendoci male da soli — e non iniziamo un
processo inverso e virtuoso che ponga
nuovamente al centro i territori e le comunità?
Le città e i paesi si stanno depauperando in
modo serio, e per certi aspetti irreversibile, delle
attività commerciali di vicinato, da sempre un
carattere distintivo della nostra penisola, e
apprezzate anche dai turisti alla ricerca di
esperienze autentiche legate all’italianità. Dopo
i periodi più bui della pandemia molte serrande
di ristoranti, bar e botteghe non si sono più
rialzate. E molti piccoli produttori di qualità,
che sono la spina dorsale dell’economia locale,
si sono trovati in difficoltà. In entrambi i casi alla
base della crisi ci sono logiche di mercato e
distributive perverse, che guardano solo al
profitto — quanto mai necessario — ma che
dimenticano che il cibo, grande patrimonio del
nostro Paese riconosciuto a livello
internazionale, è anche bellezza, piacere e
conoscenza. Queste sono caratteristiche insite
nei prodotti di qualità legati al territorio, ma che
vengono esaltate dal connubio fortunato con gli
operatori della ristorazione, che li trasformano e
poi li raccontano con passione ai loro
commensali.
Se vogliamo costruire un futuro diverso più
prospero, inclusivo e che promuove e tutela il
patrimonio agroalimentare, dobbiamo
cambiare prospettiva; e l’agroalimentare — in
virtù anche del suo peso in termini monetari —
mi sembra un buon punto di partenza. Ecco
allora che guardo al bonus della Regione Lazio
con entusiasmo. È un esempio di come,
attraverso una misura economica ben pensata,
si possano attivare dinamiche socio-culturali
virtuose. Mi auguro che quanto intrapreso
funga da traino per altre Regioni. L’uscita
dall’emergenza può essere una grande
occasione per sviluppare iniziative che
sostengono chi genera economie e benessere
per tutta la comunità e non solo per la propria
impresa. E in tutto ciò le istituzioni devono
avere un ruolo da protagoniste.

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