Che significa oggi essere poveri?
Se partiamo dal significato della Treccani su povertà: << la condizione di chi è povero, di chi cioè scarseggia delle cose necessarie per una normale sussistenza>>, nascono come fiori di campo tante altre domande…
Quali sono le “cose necessarie per una normale sussistenza”?
Cos’è una “normale sussistenza”?
E per “cose” dobbiamo intendere beni materiali o immateriali?
Quindi se a Natale le Parrocchie e le Associazioni chiedono cibo per le famiglie “economicamente fragili”, la povertà è solo una questione di alimentazione?
È sufficiente per le “brave persone” donare cibo e abiti dismessi per sentirsi “solidali” con la propria Comunità?
E potrei continuare per ore a farmi domande….
La moltitudini delle domande ci fa comprendere come la “Questione Povertà” non si può ridurre e spiegare in un post sui social, ma è un sistema complesso come il Mondo che ci circonda.
Se leggiamo “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di speranza”, il Rapporto 2024 di Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale in Italia, ci rendiamo conto che nel nostro Paese la povertà assoluta interessa oltre 5,7 milioni di persone, quasi un decimo della popolazione italiana.
Come viene attentamene descritto nel rapporto, la povertà però non riguarda quasi mai un unico aspetto, ma è un fenomeno multidimensionale e multiforme.
Infatti, alle fragilità di ordine economico si aggiungono in primis quelle occupazionali e abitative; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi migratori.
Quindi, mi chiedo, portare “la busta della spesa” in Chiesa è ancora sufficiente?
Non è che, forse, dobbiamo fare altro?
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